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Dal Festival dell’Economia di Trento un messaggio fondamentale

festival economia  Contro il super potere dei giganti della rete serve una coscienza universale del valore del dato
Roberto Caso e Antonello Soro, coordinati da Pierangelo Giovanetti, conversano sulla nuova geografia dei poteri nella società digitale. Negli ultimi decenni, la capacità di monitorare tutti i nostri gusti e le nostre idee, ha prodotto dei soggetti potentissimi che sono diventati i possessori dei nostri dati. Il Garante della privacy, Antonello Soro, afferma che la rivoluzione tecnologica ha modificato il paradigma della vita del mondo, in una condizione di distrazione e di sottostima di ciò che stava accadendo. Il protagonista di questa rivoluzione è il dato che viene percepito da tutti, anche dagli esperti, come un mero valore numerico, ma in realtà è una proiezione della nostra vita nella dimensione digitale. Davanti ad una lettura velocissima dei dati da parte dei giganti della rete che attribuisce loro un potere della conoscenza superiore di quella dei governi, deve nascere la consapevolezza, una coscienza universale del valore del dato e quindi una richiesta globale della protezione del dato.
Il professor Roberto Caso si pone queste domande: perché i governi non intervengono contro la concentrazione del potere di informazione in mano a pochissimi? Possiamo attribuire tutta la responsabilità agli stati? Il problema - secondo il professore - inizia dalle scuole. La tecnologia richiama la responsabilità di chi insegna. Dobbiamo imparare a costruire le tecnologie in maniera diversa e dare consapevolezza di ciò ai giovani - afferma Caso. Noi insegniamo loro solo le tecnologie ma non le conseguenze. La sfida dunque è educazione e intersezione tra diritto e tecnologia.

Le tecnologie digitali hanno mutato profondamente le nostre libertà e la stessa struttura sociale. I big tech, i giganti della rete, detengono un potere ormai pari a - se non superiore di - quello degli Stati, capace di orientare le scelte dei cittadini, quali consumatori e persino elettori. La protezione dei dati è lo strumento che, più di ogni altro, può consentire di governare questo cambiamento per promuovere diritti e libertà, mettendone al centro la persona.

Negli ultimi decenni, la capacità di monitorare tutti i nostri gusti e le nostre idee, ha prodotto dei soggetti potentissimi che sono diventati i possessori dei nostri dati. In pochissimi anni, i grandi gruppi come Google e Facebook, solo per citarne un paio, hanno a disposizione un numero enorme di dati. Di noi posseggono non solo qualunque nostra comunicazione, ma anche le nostre perplessità, i nostri dubbi e le nostre paure e possono vendere questi dati per finalità commerciali o politiche a chi vuole manipolare le coscienze. Tutto questo avviene mentre noi ci divertiamo su Facebook.

Il Garante della privacy, Antonello Soro, afferma che la parola chiave è la sottostima di ciò che sta accadendo. La rivoluzione tecnologica ha modificato il paradigma della vita del mondo, in una condizione di distrazione e di sottostima di ciò che stava accadendo, in presenza dell’utilizzo compulsivo dei dispositivi che costantemente consegna alla rete un’infinità di informazioni personali. In verità - dice Soro - il problema risiede a monte, quando si è considerata la rivoluzione digitale solo per i vantaggi che avrebbe portato, come una chance in più, ma si è sottovalutato un altro aspetto che nell’arco di pochissimi anni ha portato ad una concentrazione del potere economico in pochi soggetti. Ciò che un tempo si definiva come uno spazio virtuale, oggi rappresenta, a tutti gli effetti, uno spazio reale della nostra vita. Il protagonista di questa rivoluzione è il dato che viene percepito da tutti, anche dagli esperti, come un mero valore numerico, ma in realtà è una proiezione della nostra vita nella dimensione digitale. E’ un soggetto che ha diritti che fino ad ora non sono stati considerati degni di adeguata attenzione. In verità, il termine privacy - afferma Soro - ci porta fuori strada, è un diritto fondamentale dell’uomo, ma non attribuisce un valore adeguato al rischio di una scarsa protezione del dato. Bisogna tenere presente che la protezione del dato è la protezione della nostra persona, la vulnerabilità del dato è quella delle delle nostre persone. Ad esempio, quando i dati vengo consegnati all’infrastruttura pubblica e non vengono protetti a sufficienza, la manipolazione del dato può cambiare la nostra vita, addirittura anche portare al rischio di perderla. Davanti ad una lettura velocissima dei dati da parte dei giganti della rete che attribuisce loro un potere della conoscenza superiore di quella dei governi, deve nascere la consapevolezza, una coscienza universale del valore del dato e quindi una richiesta globale della protezione del dato.

Il professor Roberto Caso si pone queste domande: perché i governi non intervengono contro la concentrazione del potere di informazione in mano a pochissimi? Possiamo attribuire tutta la responsabilità agli stati? Il problema - secondo il professore - inizia dalle scuole. La tecnologia richiama la responsabilità di chi insegna. Dobbiamo imparare a costruire le tecnologie in maniera diversa e dare consapevolezza di ciò ai giovani - afferma Caso. Noi insegniamo loro solo le tecnologie ma non le conseguenze. La sfida dunque è educazione e intersezione tra diritto e tecnologia.

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