Tonga, uno stato fatto di tante isole. Una più bella e verde dell'altra

Il vero Sud Pacifico. E’ con questa scritta che il Regno di Tonga vi accoglierà all’aeroporto.
L’unico arcipelago della regione a non essere, formalmente, stato una colonia. Il leggendario Capitano Cook, quando approdò sull’isola, sorpreso dalla cordialità dei nativi, le soprannominò le Isole dell’amicizia, forse non rendendosi conto che avrebbe potuto finire in pentola. Ora i tongani più che amichevoli, sono diabetici. L’avvento della globalizzazione li ha fatti avvicinare al junk food occidentale, rendendoli una delle popolazione più colpita da questa malattia. Non per questo perdono il loro senso di appartenenza 'pacifica'.
L’arcipelago è formato da quattro gruppi: Tongatapu, Ha’apai, Vava’u e Niua. La capitale Nuku’alofa, si trova sull’isola Tongatapu, il Sacro Sud, in lingua tongana. Qui ha sede la famiglia reale con relativo palazzo: un prefabbricato prodotto in Nuova Zelanda negli anni '70. Modesto, se confrontato alle dimore principesche in Europa. Nella stessa area vi sono le tombe reali, in cui riposano tutti i re susseguitisi nel tempo.
La piccola capitale risulta interessante, dal punto di vista storico. Innanzitutto, per la presenza del trilite Ha’amonga, definito la Stonehenge del pacifico, ma quasi completamente ignorato in occidente. Infatti, è curioso come pochi turisti sanno di questo luogo. Abbandonato e coperto dalle sterpaglie fino agli anni ’60, si pensa possa essere un varco interstellare, come quello di Machu Picchu.

Altro punto storico è l’approdo del già citato Capitano Cook: sotto un albero banyan è stato eretto un monumento nel 1970, il quale commemora anche la prima visita della Regina Elisabetta. A 17 chilometri da Nuku’alofa, nei pressi del villaggio Ha’avakatolo, ci sono i peka o volpi volanti, ovvero pipistrelli dalla testa di volpe, i quali dormono a cielo aperto appesi agli alberi, non amati dai locali per il gran chiasso.
Sempre nella stessa zona, si possono ammirare diversi 'fori di colpo' (un curioso fenomeno in cui l’acqua dell’oceano si scontra violentemente con la costa, già fratturata e frastagliata, creando, grazie alla forte pressione, un fenomeno simile ai geyser). I più spettacolari sono sulla costa di Houma. Nel villaggio di Haveluliku ci sono le caverne Anahulu, in cui si può anche nuotare (Prezzo: 10 Pa’angi = 5 Euro circa).

Un'altra isola del gruppo delle Tongatapu è Eua. A soli dieci minuti d’aereo. Dopo averci volato, capisco il motivo per cui alcuni tour operator sono riluttanti nell’organizzare viaggi tra queste isole: Real Tonga, la compagnia aerea di bandiera, non è tra le più sicure in circolazione. Hanno recentemente aggiunto un nuovo aereo alla loro flotta, il famigerato M60 cinese, autore di due tristi incidenti in Indonesia e Birmania, qualche mese fa. Il governo neozelandese ha congelato gli aiuti al turismo dell’isola, chiedendo azioni concrete al Re.

Inoltre, le misure di sicurezza durante il check-in sono inesistenti e la manutenzione non è scrupolosa. Sono stato testimone di una piccola diatriba tra un pilota australiano e le impiegate della compagnia aerea. Queste ultime volevano forzarlo a imbarcare un passeggero in più, sovrappeso e con due bagagli da 20 chili l’uno, anche se l’aereo era pieno. Fortunatamente, il pilota si è rifiutato e tutti i passeggeri hanno tirato un sospiro di sollievo.
Eua è una piccola isola, virtualmente non toccata dai turisti, la quale offre qualcosa di particolare rispetto alle altre isole: una fitta foresta tropicale di alberi bayan e uno enorme, intrecciato dalle sue radici, le quali si tuffano in un dirupo prosciugato. A circa 300 metri si può visitare la Caverna dei Topi, il nome è fuorviante, poiché non ci sono ratti, è solo una modesta cascata. Tuttavia, il vero protagonista di questa attrazione naturale è l’ambiente in cui è circondato: le liane e l’acqua corrente immerse nel buio più profondo.
Se si evita di seguire il sentiero tradizionale, ci si può imbattere in una scorciatoia fra le piantagioni di kava, un tubero locale, simile alla patata, dalla quale si ricava l’omonima bevanda alcolica tongana. Di solito, il sapore non piace agli stranieri e lascia un senso di formicolio, molto forte, sulle labbra per qualche ora.
Proseguendo verso est, si raggiunge il picco Lokupo nel parco nazionale di Eua con due parchi naturali e parecchi cavalli selvatici che trottano attorno. Il clima dell’isola non fa certo ricordare le cartoline delle spiagge da sogno nel pacifico: essendo immersa nella foresta, con modeste altitudini, fa freddo.

Con un altro volo di circa 50 minuti mi dirigo a Lifuka, l’isola principale delle Ha’apai. Queste isole sono famose perché è uno dei tre luoghi al mondo (gli altri due sono la Repubblica domenicana e il Messico) dove si può nuotare con le megattere, in tutta sicurezza e a debita distanza. Da luglio a novembre questo tipo di balene vengono a Tonga per trovare un compagno e dare vita a una famiglia. Scalda il cuore vedere i giochi d’acqua creati dagli spruzzi dei loro 'piccoli'.

Brian e Sabine della Fin ‘n’ Flukes organizzano tour di whale watching con partenza da Pagai, l’unica città di Lifuka. Sono dei veri esperti di fauna marina e adorano il loro lavoro; sebbene Brian sia un burbero irlandese, non mi fa certo mancare l’occasione di vivere questa esperienza.

L’avvistamento è garantito al 50% invece, per nuotare con questi giganti, sono consigliabili almeno tre gite.

Anche se le Ha’apai sono tranquille e poco popolate, nascondono un passato leggendario: l’ammutinamento del Bounty. Al largo dei due vulcani Kao e Tofua, dove nel secondo vi è un lago d’acqua cristallina, il 28 aprile del 1789 l’equipaggio del Bounty si ammutinò ed il capitano Blight e i suoi marinai, a bordo di una piccola barca, iniziò l’estenuante navigazione di 6.500 chilometri arrivando fino a Timor, partendo dalla costa del Tofua, dove erano sbarcati in cerca di acqua, senza riuscire a trovare il lago.

Si può passare da Lifuka a Foa, verso nord, collegata da una strada bianca, durante la bassa marea, dove si trova la bellissima spiaggia di Houmale’eia. Invece, il lato sud porta alla deserta Uoleva, camminando nell’acqua. E come gran finale, l’isola di Nukunamo, raggiungibile a nuoto, solo da abili e prudenti nuotatori.

Le leggende non si sprecano alle Ha’apai. Sempre Brian di Fin n’ Flukes ha scoperto, nel 2012, nella punta nord-ovest dell’isola principale, l’ancora della Port-Au-Prince, la nave salpata nel 1805 da Londra con la precisa missione di assaltare e saccheggiare i vascelli di Spagna e Francia, avversarie dell’Inghilterra. La nave a Tonga fu attaccata dalla popolazione locale, agli ordini del re Finau ‘Ulukalala II. Unico sopravvissuto, William Mariner, adottato dal re per quattro anni. Ritornato in Inghilterra pubblicò le sue memorie su Tonga. Ancora oggi il suo manoscritto è ritenuto uno dei più affidabili sulla storia primitiva del Regno del Sud Pacifico.
Ultimo arcipelago da visitare, le Vava’u.
Dopo avere viaggiato tra gli altri gruppi, mi aspetto di trovare la stessa tipologia di paesaggio e tenore di vita dei locali. Errore. Vista dall’aeroplano Vava’u, questo grande polpo dai cento tentacoli, è uno dei principali punti d’attracco degli yatch che solcano queste acque, quindi, almeno l’isola principale, è leggermente più sviluppata del resto di Tonga.

Il Vecchio Porto, naturale e immerso nella fitta vegetazione, è un must. Quando lo raggiungo, vi sono una moltitudine di persone ad aspettare i loro cari scendere dalla nave in arrivo da Tongatapu, la quale viaggia per quasi due giorni nelle poco serene acque. Ovviamente, l’operazione non è delle più semplici. Le auto sono radunate in modo da creare un ingorgo voluto. Purtroppo, ci sono anche due bare tra i passeggeri, così sono diventato un involontario spettatore di una esperienza culturale unica: il funerale tradizionale, in cui le donne indossano una sorta di stuoia fatta a mano lungo la vita e i parenti più stretti una fascia nera intorno al braccio. Non vi è tristezza nell’aria. I tongani, e i polinesiani in generale, considerano la morte un mero passaggio della vita.
Ho contrattato per 40 pa’angi (20 euro circa) un taxi per fare il giro dell’isola, il quale mi ha portato dalle piantagioni di vaniglia alla caverna Veimumuni, passando per il mercato Utukalongalu, dalla frutta colorata e economica, fino al monte Toula, una piccola vetta di 131 metri dalla quale si può ammirare il Port of Refuge, l’altro porto. Il mio tassista, Fifita, è un personaggio interessante. Ha fatto il militare con l’attuale Re Topou VI, condividendo i piaceri e, soprattutto, dispiaceri di essere suddito del regno.

Tuttavia, la peculiarità del giro dell’isola è la prigione. Se nessuno me lo avesse detto, pensavo fossero le solite quattro case sparute di un villaggio, perché i prigionieri non stanno nelle celle, ma liberi, all’aria aperta. Fifita ride: “E' un isola, dove potrebbero scappare?”
Dopo una breve sosta al panettiere di Neiufa, la città delle Vava’u, per assaggiare un ghe-ghe, una grande frittella intrisa d’olio, ma non dolce, non posso non notare diversi ristoranti e negozi, falliti e abbandonati. I tongani dicono che sotto ogni spiaggia di Vava’u c’è il sogno infranto di un palangi (straniero).
Non c’è detto più azzeccato; fra tutti, emerge una triste insegna: Ciao, pizzeria italiana.

Matteo Preabianca