"UN AGNELLO SU DUE IN COMMERCIO È DI ORIGINE STRANIERA E SENSIBILIZZARE I CONSUMATORI È L’UNICA CHIAVE PER INVERTIRE LA ROTTA"
AD INTERPRETARLO NEI PIATTI DI PASQUA IN UN EVENTO A ROMA E' LO CHEF ARCANGELO DANDINI
Per gli italiani l'agnello è il principe della tavola pasquale e la tradizione resiste nonostante gli anatemi degli animalisti contro l'uccisione di questo innocente cucciolo di pecora. Una mala sorte annunciata, dalla religione cristiana e ancor prima per quella ebraica, come simbolo di sacrificio per eccellenza che più volte compare nell'Antico Testamento.
Ma nel Lazio e nelle sue cinque province l'agnello si chiama "abbacchio" e il suo Consorzio di Tutela IGP è sceso in campo per tutelarne la qualità e l'origine territoriale in un momento in la provenienza e qualità degli alimenti è sempre più al centro dell’attenzione.
Scegliere un prodotto certificato fa la differenza e, per informare il consumatore sul mercato low cost e sull'importazione senza garanzie, il Consorzio ha messo in campo varie iniziative tra cui a Roma la presentazione di un incontro conviviale al ristorante L'Arcangelo. Il menu è stato affidato allo chef e titolare Arcangelo Dandini, custode da sempre del patrimonio irrinunciabile di un territorio dove la produzione gastronomica non ha atteso la tendenza gourmet per essere d'eccellenza.
C'è anche una differenza sostanziale tra agnello tradizionale e abbacchio romanesco che è più piccolo e tenero. L'allevatore non ha fretta di staccarlo dalla pecora e svezzarlo per monetizzare e l'allattamento prolungato impedisce che il prezioso latte possa essere trasformato in formaggio. E' un costo che nella Tuscia, in Ciociaria e nella piana Pontina gli allevatori pagano per la qualità del prodotto - ha detto il presidente del Consorzio Abbacchio Romano IGP Natalino Talanas - che si aggiunge a quelli dei rigorosi controlli sanitari, della sorveglianza, della protezione e delle recinzioni contro i bracconieri e i predatori -lupi volpi e cinghiali- sempre più numerosi e che insidiano le greggi che vivono allo stato semi-brado.
Sono costi invisibili che si riflettono nel prezzo della carne, ma che garantiscono un modello sostenibile, autentico, non replicabile su scala industriale. "Se si sceglie e si compra senza pensare alla qualità, mettendo in secondo piano certificazioni e provenienza -ha sottolineato il presidente Talanas- si rischia anche di minacciare la millenaria struttura agraria della campagna laziale che pure è sopravvissuta agli inurbamenti. La pastorizia è infatti presidio e tutela del territorio".
Sono antiche le origini del consumo di abbacchio romanesco, un ovino sacrificato anzi tempo per i piaceri del convivio. Ne fa cenno Giovenale, è presente nei secoli in tutta la letteratura,trova l'apoteosi nella poesia romanesca di Zanazzo, Belli e Trilussa, si intrufola negli stornelli dialettali di Gabriella Ferri e Lando Fiorini.
Lo chef Arcangelo Dandini nel suo menu ne ha interpretato tutto il gusto con i Rigatoni di Gragnano e ragù di abbacchio Romano IGP con carciofi mentuccia e pecorino e in versione "cacio e ova", un piatto di origine abruzzese molto diffuso nella tradizione della campagna romana, in cui il gusto deciso della carne viene smorzato da profumate erbe aromatiche e dalla salsa di uova, altro simbolo pasquale. Non sono mancati nel piatto altri simboli della romanità come Coratella, Supplì e Vignarola, il primaverile mix di fave, piselli e carciofo di cui Dandini è magistrale interprete, così come per le più gustose componenti del quinto quarto. Sulle animelle ha anche scritto un libro. In finale è stata gustata Zuppa inglese come quella di una volta e in abbinamento, per non allontanarsi troppo dal territorio, un Bianco e un Rosso Roma DOC, le stesse due etichette molto apprezzate da Carlo e Camilla al Quirinale.
L'allarme sulle criticità del settore dell'allevamento ovino viene dai numeri: Su 550 mila agnelli presenti in commercio durante il periodo pasquale, oltre la metà proviene dall’estero senza garanzie sulle buone pratiche di allevamento e con costi spesso inferiori del 40% rispetto alla produzione certificata nazionale che conta 185 mila agnelli. Di questi, 35 mila provengono dal Consorzio dell’Abbacchio Romano IGP, su un allevamento totale di 75.100 nettamente inferiore rispetto al periodo pre-Covid dove si contavano circa 120 mila esemplari. Un calo sensibilissimo dovuto in alcuni casi all’abbandono dell’attività da parte dei produttori locali e, in altri, alla scelta verso un allevamento non certificato e più redditizio.
Il Consorzio, nato nel 2010, rispetta un disciplinare rigoroso con un modello di allevamento etico e sostenibile. Gli animali sono nutriti esclusivamente con latte materno e piante spontanee della campagna laziale, seguendo i tempi e i luoghi della transumanza.
Questa antica pratica pastorale prevede la migrazione del gregge verso le montagne per sfuggire al caldo estivo e il ritorno in pianura con l’arrivo delle temperature più miti, contribuendo alla tenerezza e al gusto unico delle carni. Il prezzo di un prodotto certificato riflette sia la sua qualità ma anche l’intero background di pratiche e tradizioni che costituiscono la sua identità. Non a caso, la transumanza è riconosciuta patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco a conferma di come l’Abbacchio Romano IGP sia un’eccellenza da tutelare, frutto di un’antica tradizione fondata sulla perfetta simbiosi tra uomo, animale e natura.
https://www.origin-italia.it/socio/consorzio-di-tutela-dellabbacchio-romano-igp/
Mariella Morosi