di Paolo Vezzoni
Cent’anni fa l’Europa, appena uscita dalla Grande Guerra, fu devastata da una nuova terribile catastrofe che fece più vittime di quelle rimaste uccise nel pur sanguinosissimo conflitto. La “Spagnola” come venne chiamata, era causata da un virus a noi molto noto, quello dell’influenza. Può sembrare strano che un virus generalmente ritenuto benigno possa aver causato più decessi di quanto abbiano fatto le epidemie di peste durante il Medioevo e nei secoli immediatamente successivi, ma le cose andarono proprio così. Sebbene sia sempre difficile stimare con esattezza il numero dei morti, una stima non esagerata si attesta su un centinaio di milioni.
La Spagnola viene considerata una pandemia, cioè un’epidemia che si è diffusa in tutti continenti. Malgrado il suo nome, essa non ebbe origine in Spagna. Secondo alcuni, le prime diagnosi certe furono riscontrate nel Kansas, tra militari reduci che avevano combattuto in Europa. Altri suggeriscono che sia originato in Francia, altri invece che si sia diffuso prima in Cina e poi in Europa. Come detto, le centinaia di migliaia di morti furono registrati in pesi lontani quanto Giappone ed Etiopia, comprese nazioni che con la guerra non avevano avuto a che fare. Così come era sorta senza preavviso, l’epidemia si spense senza una causa precisa.
Il virus responsabile della Spagnola è senza dubbio un virus influenzale, della stessa famiglia di quelli che provocano la malattia ai giorni nostri. Il virus, in sostanza, è un minuscolo organismo caratterizzato dallo specifico genoma. Il genoma di tutti gli organismi dai virus all’uomo è costituito da una molecola particolare che è il DNA. Il DNA è in fondo una serie di istruzioni che si tramandano da padre in figlio e che sono diverse da specie a specie. Ma anche all’interno della stessa specie vi sono delle differenze tra i vari individui, e questo vale anche per i virus: virus della stessa famiglia hanno comunque delle piccole differenze nel loro DNA, che possono essere chiamate “varianti genetiche”. Il DNA è composto da una sequenza di quattro piccole molecole e può essere paragonato ad un testo (codice) scritto con quattro lettere. Le varianti genetiche sono appunto piccole differenze in questo testo: nel caso dei virus si parla di “ceppi” differenti.
Perché la Spagnola è stata così micidiale? Come sempre i fattori sono numerosi e certamente le condizioni di miseria e denutrizione dell’Europa (ma non solo) a seguito della lunga ed estenuante Guerra Mondiale influirono notevolmente, come pure la mancanza di antibiotici, che, seppure inattivi contro il virus, avrebbero potuto essere utili contro le infezioni polmonari che spesso si sovrappongono all’influenza. Tuttavia non si può escludere che fattori legati al genoma virale, cioè alla sequenza del suo DNA, possano aver giocato un ruolo. Si sa che alcuni ceppi virali possono essere più patogeni (aggressivi) di altri; inoltre il genoma del virus dell’influenza cambia assai velocemente e questo può consentirgli di sfuggire al monitoraggio da parte delle cellule immunitarie che in precedenza avevano incontrato ceppi differenti.
Oggi il DNA del virus viene sequenziato assai facilmente e i vari “isolati” (come vengono chiamati) vengono confrontati tra loro e con il DNA dei virus degli anni precedenti. Ma recenti progressi consentono ora di sequenziare ceppi ormai scomparsi, recuperando il virus estinto da cadaveri di pazienti che sono morti di influenza, specialmente se questi vivevano in climi freddi o addirittura ghiacciati. Il principio è lo stesso con cui è stato sequenziato il genoma del mammut, una specie che si ritiene estinta da qualche migliaio di anni, il cui DNA si è ben conservato nel “permafrost”, cioè in un terreno che più o meno rimane permanentemente congelato e quindi preserva il materiale per lungo tempo in buone condizioni.
Con questo approccio, alcuni studiosi dell’influenza hanno pensato di “resuscitare” il ceppo virale della Spagnola. Dato che il periodo trascorso non era molto lungo e il fatto che la diagnosi di morte era spesso registrata, questi ricercatori alla fine del millennio scorso hanno riesumato le salme di pazienti deceduti in quegli anni e sepolti nelle isole Svalbard, dove appunto il terreno è sempre ghiacciato. In tal modo, ottant’anni dopo, è stato possibile sequenziare il suo genoma e ricreare il virus originario.
Ricerca che non è stata scevra di commenti e critiche. Perché resuscitare un virus potenzialmente molto pericoloso? Per poterlo meglio studiare, per identificare le varianti geniche che causano l’aggressività del virus e poterle confrontare con i ceppi odierni. In tal modo, si può monitorare la comparsa di nuovi ceppi pericolosi prima che questi si diffondano in tutto il mondo ed essere pronti a fabbricare un vaccino specifico. Infatti, ogni ceppo necessita di un vaccino “personalizzato”, ed è questo il motivo per cui ogni anno bisogna generare un vaccino differente. Ma per alcuni questi vantaggi non sono sufficienti a giustificare i pericoli associati alla produzione di potenziali organismi patogeni. Partendo dal virus estinto della Spagnola, il dibattito ora si è trasferito ai laboratori che generano nuove varianti allo scopo di comprendere i determinanti dell’aggressività dei vari ceppi di influenza che colpiscono polli e maiali e che potrebbero poi infettare anche l’uomo.