LE CARNI SEMPRE AL CENTRO DELL'ALIMENTAZIONE DEGLI ITALIANI SECONDO L'ULTIMO RAPPORTO CENSIS: LE MANGIA L'86,5%

 

UNAITALIA E ASSICA: “CONSUMATORI VOGLIONO SOSTENIBILITA’ MA SENZA PAGARE MAGGIORI COSTI EFFETTO ANCHE DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA CHIESTA DALL'UE CHE VA PROGRAMMATA PER EVITARE DI METTERE A RISCHIO UN SETTORE STRATEGICO DA 13,9 MLD"

"L'AGROALIMENTARE STA PAGANDO EFFETTI INDIRETTI DI GUERRA E RINCARI”

 convegno censis

Gli italiani amano le carni, le considerano parte integrante della dieta mediterranea, soprattutto le avicole e le suinicole, le più consumate, e sono sempre più attenti alla loro sostenibilità. Si dichiarano indifferenti alle campagne denigratorie e alle fake news sul tema e contrari alla carne sintetica. Ma soprattutto sono preoccupati per i rincari e crescita dei costi di produzione anche a causa della transizione ecologica imposta dall'UE con il risultato della riduzione del loro potere di acquisto. E' quanto emerge dal Rapporto Censis "Per il buon uso del recovery fund per il rilancio delle filiere della carne" presentato a Roma nella sede della Stampa Estera per iniziativa di Assica e di Unaitalia alla luce degli effetti economici e sociali delle attuali emergenze e della crescente centralità della sostenibilità ambientale. Le due associazioni delle filiere delle carni hanno nell'occasione analizzato le criticità del momento in un settore che come ha sostenuto il ministro del MIPAAF Stefano Patuanelli sta vivendo una fase di transizione verso un nuovo sentiero di sviluppo soprattutto in materia di sostenibilità, secondo le direttive europee. "Già l’aumento dei costi di produzione di tutti gli anelli della filiera, il caro energia e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime comprimono i margini operativi dei nostri allevamenti - ha detto il ministro - col risultato di un difficile equilibrio tra profitto, rincari dei listini, perdita di potere di acquisto dei consumatori e con la minaccia di una riduzione dei consumi. Sulla sostenibilità il nostro Paese è all’avanguardia ma la recente proposta della Commissione di includere i piccoli allevamenti nella direttiva 2010/75/Ue in materia di contenimento delle emissioni industriali sembra non riconoscere il nostro percorso".

La crescita dei costi di produzione, a partire da quelli della fase zootecnica che nei primi due mesi del 2022 registra un +12,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando per quelli di energia e gas quadruplicati nel 1° bimestre dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo 2021 e per tutti i cosiddetti costi accessori di produzione (plastica, pallet, cartoni, trasporti ecc.), mette a dura prova il settore avicolo e quello suinicolo che fanno i conti anche con le conseguenze della crisi ucraina e l’impegno verso una transizione ecologica in linea con il Green Deal. Tuttavia - secondo Assica e Unaitalia - il processo deve essere ben programmato, per evitare di mettere a rischio due comparti strategici dell’agroalimentare da 13,9 miliardi di euro e 93.900 addetti, che assicurano ogni giorno beni di prima necessità ai cittadini. Ma anche per evitare che l’inflazione (a marzo +6,7% su base annua - stime Istat) e i costi della transizione si ripercuotano sui consumatori che – come emerge dal rapporto – sentono già minacciato dalle emergenze il proprio potere di acquisto (78%). Il 94,5% ritiene necessario dare molta più attenzione alla sostenibilità sociale ampiamente intesa, come benessere delle persone e condizioni dei lavoratori. Per il 63,6% degli italiani, infatti, prima di passare alle energie verdi e rinnovabili occorre valutarne il costo per imprese e famiglie. E per il 54,9% oggi la priorità è contenere il prezzo dell’energia. Per i presidenti di Assica e di Unaitalia Ruggero Lenti e Antonio Forlini, le filiere della carne vogliono essere parte integrante della transizione ecologica e le associazioni aderenti già lavorano in sinergia, hanno già effettuato investimenti con fondi privati e avviato progetti come Made Green in Italy per certificare in etichetta le aziende che producono carne suina in modo sostenibile. Occorrerebbe tuttavia stringere i tempi e attuare interventi di emergenza per sostenere i consumi e alleggerire i costi di produzione, salvaguardando la marginalità delle imprese. "È ora più che mai necessario - dichiarano i due presidenti- dare garanzie al settore agroalimentare, lungo tutta la filiera che sta pagando i rincari dei prezzi delle materie prime e dell’energia, e rischia di dover ridimensionare attività e occupati se dovesse innescarsi una brusca riduzione dei consumi. Abbiamo bisogno che le istituzioni ci aiutino a garantire cibo per tutti, a prezzi sostenibili, con minore impatto ambientale. Per farlo il pilastro è la sostenibilità economica e sociale delle nostre imprese. Altrimenti non c’è partita”.

Occorrerebbe inoltre una seria e approfondita valutazione dell’impatto della strategia From Farm to Fork, che secondo alcuni studi internazionali provocherebbe un crollo della produzione alimentare Ue fino al 25% e un’ulteriore esplosione dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità. “Appoggiamo il ministro Patuanelli - hanno aggiunto- sulla proposta di posticipare di un anno la data di entrata in vigore della nuova Pac (1° gennaio 2023) – dichiarano i due presidenti - che non tiene conto di uno scenario totalmente mutato”.
Per Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis - la ricerca mette in evidenza come gli italiani apprezzino le produzioni sostenibili ma che la priorità per loro è il benessere: bloccare il caro energia e preservare la capacità di acquisto. " Se sostenibile vuol dire meno benessere - ha detto- allora gli italiani non ci stanno. Il 67,9% ritiene prioritaria la tutela del benessere economico e sociale rispetto alla sostenibilità ambientale. Ed è diffuso il pragmatismo tra i giovani, dove la percentuale sale al 75,3%. Certamente sono idee condizionate dagli avvenimenti in corso, considerato che per il 75,3% degli italiani bisognerà abituarsi a nuove emergenze nel futuro. E si conferma la già percepita contrarietà degli italiani all’inflazione dei prezzi dell’energia, quale che ne sia la ragione, perché colpirebbe la sostenibilità economica e sociale. Dai dati dell’indagine, emerge che gli italiani sono pronti a cambiare abitudini solo se i benefici saranno superiori ai costi: ci si adatterà a uno stile alimentare più sostenibile purché non incida negativamente sul proprio benessere e sulla capacità di spesa”.
“È fondamentale che l’Unione Europea non imponga misure miopi – dichiara il presidente di Unaitalia, Antonio Forliniche mettano a rischio produzioni come quella delle carni avicole che oggi risultano le più consumate dagli italiani e in Ue. Riducendo la produzione metteremmo a rischio un settore oggi totalmente Made in Italy e autosufficiente al 107,5%, in un momento in cui occorre invece rafforzare la sovranità alimentare europea e salvaguardarsi dal rischio di import da Paesi terzi che non hanno i nostri standard in tema di benessere animale e sicurezza alimentare”.

Per Ruggero Lenti di Assica la guerra ha fatto peggiorare una condizione per le imprese già emergenziale: l’aumento dei costi di produzione di tutti gli anelli della filiera, aggravato dalle difficoltà di approvvigionamento, rischia di far lievitare una pericolosa spirale inflattiva. A questo si aggiungono la minaccia della PSA, malattia veterinaria che espone a rischio gli allevamenti suinicoli e compromette l’export verso Paesi Terzi, e la scarsa chiarezza sull’applicazione del nuovo DLgs in materia di pratiche sleali. "Mai come oggi - ha detto- appare prioritaria la convocazione del tavolo di filiera suinicolo che coinvolga rappresentanti del mondo mangimistico e della GDO".

In dettaglio il rapporto Censis rivela che il 96,5% dei cittadini dichiara di mangiare carne, di cui il 45,9% regolarmente ed il 50,6% di tanto in tanto. Le reiterate infondatezze su produzione e consumo di carne lasciano indifferenti i giovani (67,9%) ed i laureati (67,3%) che hanno opinioni proprie. Così, il 61,3% è contrario all’idea che si debba smettere di produrre carne e chiudere gli allevamenti perché così si salverebbe il pianeta dal riscaldamento globale: il 30,6% la considera una delle tante fake news che circolano sul settore e per un ulteriore 30,7% è una minaccia perché si colpisce un intero settore e un alimento importante. Solo il 25% ritiene veritiero il nesso tra allevamenti e produzione di carne e riscaldamento globale, mentre il 13,7% non ha una opinione precisa in merito. Gli italiani sono inoltre consapevoli che la filiera della carne si è evoluta e modernizzata: nessuno è convinto di mangiar carne con le stesse caratteristiche di quella di 30 anni fa. A sorpresa, a mangiare con regolarità carne sono soprattutto i giovani (62,8%) con quota più alta di quella di anziani (30%) e adulti tra i 35 e il 64 anni (47,7%).No alle presunte alternative. Per il 79,9% degli italiani la carne fatta con prodotti vegetali non può essere considerata carne: per questo vogliono che siano proposti chiaramente come prodotti distinti e diversi. Lo sforzo promozionale per la carne prodotta in laboratorio – secondo Censis – non conquista quindi gli italiani: l’85,6% dichiara di non volere cibi fatti in laboratorio, ma da agricoltura e allevamenti tradizionali e comunque tutto deve essere ben specificato in etichetta.Altra alternativa che non convince sono gli insetti, con l’83,9% che non è disposto a mangiarli.
"Sono dati importanti questi forniti dal Rapporto Censis- secondo Patuanelli - perchè il consumatore possa attuare le proprie scelte in maniera consapevole senza il ricorso a sistemi di etichettatura fuorvianti, come il Nutriscore, o a cibi ultraprocessati di origine vegetale".

 

(NELLA FOTO da sinistra Ruggero Lenti presidente di Assica, Antonio Forlini presidente Unaitalia, e Massimiliano Valeri, direttore generale del Censis)

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Unaitalia associazione di categoria che tutela e promuove le filiere agroalimentari italiane delle carni e delle uova, valorizzandone l'immagine in ogni sede.
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Mariella Morosi